Ho conosciuto Rosanna Pasi grazie a un cappero e a un mulino: due cose poco collegate tra loro ma accomunate dall’essere robuste, fuori del tempo e tenaci, un po’ come sotto sotto siamo anche noi due. Ad unire le nostre sorti – a quanto pare in modo non effimero – è stata la dolce Chiara Berti, che da brava osservatrice dell’animo umano ha colto i segnali di un possibile sodalizio e ci ha presentate virtualmente, come si usa al giorno d’oggi. Il primo incontro reale è avvenuto a distanza di qualche mese, esattamente nello stesso luogo dove sabato 20 maggio 2017 alle ore 21 si svolgerà lo spettacolo di danza Ruote sull’acqua che consiglio di non perdere: durante la Giornata Europea dei Mulini, teatro d’eccezione della prossima rappresentazione coreutica organizzata da Romagna Danza e F.N.A.S.D. sarà infatti il Mulino Scodellino di Castelbolognese (Ravenna), uno tra i più antichi e meglio conservati d’Italia.
Dell’Associazione Amici del Mulino Scodellino e della sua appassionata Presidente e sostenitrice ho già parlato in un pezzo pubblicato sul mio blog (allego un link per chi lo volesse rileggere: https://girodimilano80tappe.wordpress.com/2016/09/06/il-fascino-del-mulino/) ma qualcosa mi dice che le sensazioni provate (da me) il 4 settembre dell’anno scorso durante il Festival della Creatività saranno completamente diverse da quelle che proveranno gli spettatori la sera del 20 maggio: intanto ci sarà buio e già questo basterebbe a rendere tutto ancor più magico, poi ci sarà la musica a fare da sottofondo, narrando assieme ai danzatori delle scuole Agorà Danza, Danza&Danza, Urban Academy, una storia importante, ispirata al celebre romanzo di Riccardo Bacchelli “Il Mulino del Po“. La regia sarà curata da Arturo Cannistrà coadiuvato da Giulia Coliola nella veste di Educational Performer, mentre il progetto culturale è curato da Bianca Belvederi Bonino.
Mi piace approfittare di questa occasione per riportare alla luce qualche traccia di un passato che pur non essendo poi così lontano, sembra appartenere proprio ad un’altra era, non al secolo scorso. Riguardare lo sceneggiato tv Il Mulino del Po del 1963 di Sandro Bolchi, in bianco e nero e recitato in modo così diverso da come siamo abituati oggi, oppure guardare l’omonimo film di Alberto Lattuada del 1949, o ancora leggere le 2100 pagine della trilogia bacchelliana sembra impresa da titani anche per noi un po’ più grandicelli…
Eppure non ci farebbe male renderci conto anche visivamente di quanto fossero diverse le condizioni di vita, di quanto difficile fosse sopravvivere alle mille tragedie insite nella quotidianità di chiunque (il racconto è intriso di inondazioni, piene, terremoti, lotte sociali, notti di tempesta, trombe d’aria, incendi, pestilenze) ma di quanto ogni singolo avvenimento riguardasse da vicino l’intera comunità, di come ci si sentisse legati e appartenenti alla stessa realtà.
Il San Michele e il Paneperso – due delle centinaia di mulini natanti presenti all’epoca su tutti i fiumi d’Italia – rappresentano il fulcro della vita della famiglia composita e numerosa di cui ci vengono narrate le vicissitudini durante 4 generazioni, dal 1812 post campagna napoleonica al 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale. Gli uomini e le donne descritti sono gli emblemi di quello stile di vita, duro ma coeso, coraggioso perché costretto ad esserlo dagli accadimenti esterni, appeso al filo degli eventi, ma capace di sopravvivere e lottare senza sosta, con una forza che non siamo più in grado di esprimere. Non voglio affatto rovinare l’attesa dell’atmosfera romantica e quasi da favola che ci accoglierà al Mulino Scodellino, ma mi piacerebbe invitare alla rilettura di qualche passo o alla visione di qualche fotogramma – in internet si trova tutto – delle vicende realistiche narrate da Bacchelli.
Così, solo per godere ancora più consapevolmente del grande dono che il benessere ci ha riservato, solo per non considerare la nostra esistenza troppo insopportabile…
Mariagrazia Innecco